Aprire la porta di casa a chi ha perso tutto

Donika e Luan Omari
Luan: Nelle relazioni tra popoli diversi, la storia ha certamente il suo peso che incide nel presente. Però la storia, o meglio, la storiografia può diventare un fattore regressivo quando viene strumentalizzata per giustificare i soprusi e le ingiustizie. Non è qui il luogo per esprimere le tesi degli albanesi che danno spiegazioni diverse da quelle dei serbi sulla storia del Kosovo, benché sarebbe utile farlo, perché spesso sono poco o mal conosciute.
Abbiamo vissuto forti esperienze di solidarietà, noi personalmente e tanti altri, come conseguenza della tragica situazione che si è creata nella nostra terra e che ha provocato dolore e vittime da tutte le parti, ma soprattutto tra la popolazione albanese del Kosovo

Donika: Neanche l'immaginazione più acuta poteva prevedere quello che è successo nei Balcani, alla vigilia del terzo millennio! Un grande dolore e un grande stupore. Un popolo intero che ha abbandonato in massa la propria terra, con tutte le violenze e le atrocità che purtroppo sono state conosciute attraverso la televisione.
Come è stato possibile reggere davanti a quello spettacolo agghiacciante? Non era giusto sottrarsi, chiudere gli occhi e orecchie per non sentire. Allora cosa fare?
Vale sempre la stessa formula, la stessa terapia: partecipare, coinvolgersi nel dolore altrui ed essere forti, molto forti...Aprire la porta di casa sorridendo alla famiglia che ha perso tutto, vite umane e beni. Vincere l'imbarazzo e cercare di sensibilizzare amici, vicini di casa, parenti, invitarli a svuotare gli armadi per poter riparare dal freddo quelli che vivono nelle tende o portare loro un po' di frutta, o qualche medicina, o solo la nostra presenza.

Donika e Luan Omari


Per i profughi del Kosovo, da Atti del Convegno In dialogo per la solidarietà, 1999 Città Nuova

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