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Visualizzazione dei post da dicembre, 2013

Nel marzo 1991 sono fuggito in Italia

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Spiaggia albanese In Albania ero professore in una scuola superiore ed insegnavo "Storia del Partito del Lavoro". Dentro di me però sognavo la democrazia e la libertà. Ma ero convinto di non poter far nulla, finché, pur sapendo il rischio che correvo, dal primo settembre 1990 ho cambiato di mia iniziativa il contenuto delle mie lezioni; invece di insegnare la storia del partito del lavoro sono passato ad insegnare la storia della democrazia. Per questo motivo il 7 marzo 1991 sono fuggito in Italia; con grande dolore ho lasciato la mia famiglia, la mia patria, i parenti...forse potevo perdere anche la mia vita perché in quei momenti c'era molta tensione; la polizia sparava e qualcuno è morto nel tentativo di fuggire. Ecco cosa può fare un uomo per raggiungere la libertà! Mi sono trovato a Trento dove ho conosciuto tanti amici che mi hanno aiutato. Un nostro principio è: "I fatti sono il criterio della verità"; in questi miei amici e in tanti altri l

La bocciatura, un assurdo pedagogico!

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Leggo su Facebook che un bambino è stato bocciato al catechismo. Notizia a dir poco sconvolgente se si pensa che nella scuola dell'obbligo la bocciatura viene oggi ritenuta dalla gran parte degli insegnanti un assurdo pedagogico. Secondo Maria Montessori e Don Milani, infatti, “bocciare” a scuola è un non senso. La scuola dell'obbligo “promuove sempre” la formazione e l’istruzione di ogni ragazzo: per questo la legge italiana  parla di una scuola per tutti e a misura di ciascuno. Ma anche andando al di là della scuola, ogni punizione (lo stesso carcere) deve essere sempre vista nell'ottica di una promozione umana e per il recupero della persona.  Parlare quindi di un  catechismo che boccia, ossia di un catechismo che per aiutare un ragazzo che non è arrivato ancora a maturare coscientemente una scelta di vita cristiana lo si punisce con la bocciatura... è scelta pedagogicame nte molto discutibile.  Purtroppo bisogna anche dire  che ci sono dei tentativi stri

"Perché andare a teatro?" di Antono Neiwiller

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Antonio Neiwiller (1948-1993) Si andrà a teatro per vedere ancora uomini che sudano, il teatro sarà questa cosa in un’ipotesi di forte massificazione. E’ probabile che non ci arriveremo nemmeno, che ci saranno già dei rigurgiti ad altri livelli e si potranno fare altre scelte. Ma nell’ipotesi di massima informatizzazione della società e di massima massificazione delle condizioni di vita degli uomini, si andrà a teatro perché là ci sono ancora degli esseri che sudano, che piangono, si tagliano, cadono, si disperano e sono felici. Si andrà a vedere questo evento come qualcosa di non manipolabile, di non bidimensionabile. Antonio Neiwiller Da Mirella Armerio, Neiwiller, l’utopia in scena, Corriere del Mezzogiorno 8 novembre 2013